Con questa lettera e questo sito inizia il viaggio della mia carriera di artista. Il viaggio è stata una costante nella mia vita, fin dai primi anni. Località diverse, dalle origini meridionali, alla nascita in Friuli e poi via in altre due città del Nord e alfine a Roma. Ho conosciuto l'Italia nella sua interezza e unità e mi sento fiero di essere italiano, anche se molto preoccupato. Il senso di attraversamento di contrade diverse, per giungere a mete diverse, sentendo al mio interno la consapevolezza

di essere in cammino verso qualcosa di grande, di importante, che sia una casa, una città, un amore, il lavoro: questa è la costante, la musica di fondo dei miei anni migliori. Sensazioni che si possono vivere assistendo al film "2001 - Odissea nello Spazio". Ma l'esito del viaggio è la vita nella sua realtà quotidiana ed è facile tremare di fronte alla paura che tale spostamento abbia l'esito del film "Il Viaggio", con Richard Burton e Sofia Loren, dove i sogni degli amanti crollano di fronte ad un destino terribile. Il viaggio diviene quindi anche interiore e così io dentro me, grazie allo yoga e alla meditazione, giungo alla mia anima e, attraverso di essa, verso l'infinita Coscienza Cosmica e le sue meravigliose espressioni.

Fin da bambino mi esaltavo con i grandi eroi del cinema, come Robin Hood e Sandokan, e sognavo di imitarli sotto casa, con gli amici.  In seguito giunsero Rocky e Rambo ed in breve mi ritrovai nell'Accademia militare, sia per imitare mio padre e mio nonno, sia per l'intervento attivo verso le popolazioni

bisognose di aiuto logistico e di difesa attiva. Forse due generazioni di militari offerti allo Stato sono stati sufficienti nel mio caso, perché nel mio destino non ci fu la vita militare. Un canto alpino nella cappella militare di Sassuolo (Modena) mi giunse dritto all'animo, "Dio del cielo, Signore delle cime... lascialo andare... su nel Paradiso...". Capii che dovevo andarmene per intraprendere un cammino verso il mio vero essere, piccolo o grande, bello o brutto che fosse stato, che, dopo attenta psicoanalisi, si realizza oggi, come nel passato, nell'espressione artistica, scrittura e pittura, ma allora non lo sapevo.  In tutto questo bailamme una costante. La casa immersa nel verde ereditata dai nonni, in cui ritrovo me stesso e le mie radici e dove, quando posso andarci, mi dedico all'arte nelle migliori condizioni.
Due parole sullo pseudonimo. Quando ero alla ricerca di un nuovo nome più spettacolare per la carriera di pittore, mi accorsi che, anagrammando il nome e il cognome, si otteneva proprio ELIO LAZZARO UNICO e senza perdere nemmeno una lettera! ELIO (
Helios in Grecia, Ra in Egitto e Mitra a Roma) è il Sole, fonte di vita, segno di grandezza umana e della presenza divina sulla Terra. LAZZARO è l'UNICO personaggio che il Vangelo definisce "amico di Gesù" per cui Egli "scoppiò in pianto" quando comprese che Lazzaro era morto. E Lui gli ridona nuova vita, sottraendolo al suo destino di morte. Nello stesso Vangelo vi è la parabola del "ricco epulone e di Lazzaro", appunto, che è l'unico personaggio di parabole ad avere un nome. E' dunque questo uno pseudonimo che è speranza e diviene segno di una nuova vita futura, in abbondanza e in questo mondo, ma anche nel seguente, si spera. Nel marzo 2007 eliminerò lo pseudonimo lungo che ha caratterizzato un periodo di rinascita, per favorire il nome vero Aurelio Nicolazzo, per continuare il cammino. Ma nelle mostre verrò presentato col diminutivo Elio Nicolazzo, in arte Lazzaro.
Il mio primo quadro l'ho iniziato all'età di 22 anni e lo interruppi per via del periodo di leva, dei seguenti studi informatici e della successiva ricerca di lavoro. Lo ripresi nel 1990, ben 4 anni dopo, e il giorno che lo terminai mi accorsi che era l'anniversario della morte di Vincent Van Gogh. Interpretai la cosa come un segno indicativo per continuare: non era quello, forse, un quadro dipinto per gioco. E chiudo onorando proprio la memoria di Vincent riportando le sue parole nel libro "Lettere a Theo", nella lettera da Cuesmes del luglio 1880, che fanno riflettere sullo stato che l'angoscia e la depressione provocano negli uomini.

"... Un uccello chiuso in gabbia in primavera sa perfettamente che c'è qualcosa che gli è adatto, sa benissimo che c'è qualcosa da fare, ma che non può fare; che cosa è? Non se lo ricorda bene, ha delle idee vaghe e dice a sé stesso: "Gli altri fanno il nido e i loro piccoli e allevano la covata" e batte la testa contro le sbarre della gabbia. E la gabbia rimane chiusa, e lui è pazzo di dolore. "Ecco un fannullone" dice un altro uccello che passa di là, "quello è come uno che vive di rendita"... E gli uomini si trovano spesso nell'impossibilità di fare qualcosa, prigionieri di non so quale gabbia orribile, orribile, spaventosamente orribile. Lo so che c'è anche la liberazione, la liberazione tardiva. Una reputazione rovinata a torto o a ragione, la timidezza, la fatalità delle circostanze, la disgrazia, ecco tutto quello che rende gli uomini dei prigionieri. Non si sa sempre riconoscere che cosa è che ti rinchiude, che ti mura vivo, che sembra sotterrarti, eppure si sentono non so quali sbarre, quali muri. Tutto ciò è fantasia, immaginazione? Non credo, e poi uno si chiede: "Mio Dio, durerà sempre, durerà per l'eternità?". Sai tu cosa fa sparire questa prigione? E' un affetto profondo, serio. Essere amici, essere fratelli, amare, spalanca la prigione per potere sovrano, per grazia potente. Ma chi non riesce ad avere questo rimane chiuso nella morte. Ma dove rinasce la simpatia, lì rinasce anche la vita. Talvolta la prigione si chiama: pregiudizio, malinteso, ignoranza fatale di questa o di quest'altra cosa, sfiducia, falsa vergogna. Ma per parlare d'altro, se io sono sceso, tu (Theo) da un lato sei salito. E se io ho perduto delle simpatie, tu ne hai guadagnate. Ecco quello di cui sono contento, te lo dico in verità, ciò mi renderà sempre contento. Se tu fossi un tipo poco serio o superficiale, potrei temere che duri poco, ma poiché ti so molto serio e profondo, sono portato a credere che durerà. Solamente se ti fosse possibile di vedere in me qualcosa d'altro che un fannullone di cattiva specie, ne sarei molto lieto. E poi se mai potessi fare qualcosa per te, esserti utile in qualcosa, sappi che sono a tua disposizione ...". Vincent Van Gogh


Roma 14 maggio 2005 - marzo 2007
Aurelio Nicolazzo